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L’agricoltura si veste 2.0: l’esperienza di Marco Giulianelli, da giornalista a imprenditore agricolo

Agricoltori sempre più giovani e sempre più hi-tech.
Droni, sensori, mappe in 3D per un’attività orientata al 2.0.
Sono i contadini del futuro e molto diversi dai loro predecessori.
Vogliono sapere tutto di droni, sfruttando l’e-commerce e, se le condizioni lo permettono, puntano anche sul turismo. Che gli agricoltori italiani fossero sempre più hi-tech lo ha dimostrato un recente studio di Image Line (azienda specializzata nei servizi informatici per le aziende agricole) e Nomisma, secondo cui il 61% di loro utilizza quotidianamente Internet.

Agricoltori che gestiscono la propria pagina web, contadini che sono interessati ai droni; smartphone e tablet sempre a portata di mano per migliorare l’attività e per un feedback continuo con i clienti. Proprio questi obiettivi spingono il 20, 4% degli agricoltori ad avere un proprio sito web. Di questi, poi, il 26,4% consente al consumatore di acquistare prodotti online.

Scrivendo di agricoltura 2.0 il rimando è stato immediato: Marco.
Marco Giulianelli è un mio caro amico; il primo collega che ho conosciuto quando mi sono avvicinata alla professione. Mi scoccia ammetterlo (scherzo, ovviamente) ma è un ragazzo speciale: in tutto quello che fa investe passione, caparbietà e cuore.
Ho avuto il piacere di intervistarlo perché Marco, da qualche tempo a questa parte, ha cominciato una nuova “avventura” che si lega all’impegno per il lavoro e alla passione innata per la madre terra.

Marco con Laura, sua compagna e futura moglie

Marco con Laura, sua compagna e futura moglie

 

Da giornalista ad agricoltore. Un cambiamento coraggioso e, probabilmente, inaspettato. Puoi raccontarci la tua esperienza?

“Se dovessi dare il nome a questa esperienza, la chiamerei Laura. E’ il nome della mia compagna che ad agosto sarà mia moglie. L’azienda è della sua famiglia e un bel giorno ci siamo trovati di fronte a un bivio: chiudere (causa pensione) e mandare in malora tutto quello che suo nonno, in anni e anni di fatiche, aveva costruito; oppure rilevarla e portarla avanti noi. Abbiamo scelto questa seconda opzione e siamo partiti. Io ho fatto sempre il giornalista, ma sin da bambino la campagna e l’agricoltura mi hanno appassionato. Passione che coltivavo insieme a mio padre, anche se come semplice hobby, che ho avuto la fortuna di trasformare in lavoro.

Ti consideri un agricoltore vecchio stampo oppure sei un affiliato dell’irrefrenabile ondata del 2.0?

“L’azienda che abbiamo è sicuramente vecchio stampo, ma il nostro obiettivo è quello di renderla presto 2.0. Sia sul piano delle lavorazioni con le adozioni di nuove tecnologie; ma soprattutto sul piano comunicativo. Il “vecchio stampo” non è più sostenibile. Ho sempre affermato che il futuro dell’agricoltura italiana e delle sue aziende sia quello svolgere in house tutta la filiera del prodotto: dalla produzione alla commercializzazione e, proprio in questa ottica, voglio fare tesoro dei miei studi universitari e le esperienze lavorative fatte in ambito comunicativo”.

Pensi sia più stimolante, con il senno di poi, la tastiera del computer o la macchina agricola?
“La mia decisione mi impone di dire la seconda! Scherzo naturalmente. Il lavoro giornalistico rimane sempre una mia passione che continuo a svolgere, collaborando con il giornale per cui ho sempre scritto. Però, stare a contatto con la natura, gli animali e, soprattutto, lavorare con i macchinari agricoli non ha paragoni. Quando ero piccolo dicevo sempre: “Ma non potevo nascere figlio di un agricoltore, invece che di un insegnate?” Alla fine è come se questo desiderio si fosse avverato e non posso che esserne contento”.

Qual è il consiglio che daresti a tutti i giovani imprenditori agricoli, i cosiddetti contadini del futuro, che si stanno affacciando a questo nuovo mercato?
In molti stanno riscoprendo l’agricoltura e due sono i motivi: passione e, soprattutto, necessità dovuta alla carenza di lavoro che c’è nel nostro Paese. Quello che posso consigliare loro è di dedicarcisi anima e corpo, ma solo se hanno realmente passione. Non è un lavoro per tutti, come molti pensano, perché ci vuole una dote particolare, che non tutti hanno: la propensione a fare grossi sacrifici. A maggior ragione, se si opta, come è il nostro caso, per gli allevamenti. Gli animali ti regalano tante soddisfazioni, ma hanno bisogno di molte attenzioni.
Giorni festivi compresi.

Se dovessi descrivere questa nuova avventura con un #hashtag quale utilizzeresti?
Un banale, ma sempre valido: #SoloCoseBuone

Antonella Oliva
Ufficio stampa Medhiartis

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