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Modena Park si inchina a Vasco: “Ecco, la mia musica è una grande forma di comunicazione”

Sotto casa gli amici più cari: sombrero in testa e mandolini, chitarre, mestoli da cucina alle mani. Affacciata alla finestra la promessa sposa. Una serenata romantica il giorno prima delle nozze.

Le note di “Alba chiara” stringono in un unico abbraccio e in un’unica voce le emozioni, le tensioni, le speranze.

C’è una sensazione di sacro nella musica e nel cantare insieme. Qualcosa che si lega all’appartenenza, alla condivisione, al calore umano. Non è così diversa la sacralità che ha pervaso Modena in occasione del concerto di Vasco lo scorso sabato. Record mondiale di presenze paganti, senza contare quelle nelle piazze e nelle case italiane che hanno seguito da lontano il grande evento scatenando un karaoke unanime.

Che si tratti di una serenata o di un concerto, è la partecipazione a rendere unico il momento. E sapete qual è il termine che i latini utilizzavano per dire “partecipare alla mensa eucaristica”? Communicare.

“Se quando io dico ‘casa’ tu pensi alla tua casa e io ho in mente la mia – queste le parole di Vasco dopo aver conseguito, all’alba dei 53 anni, la laurea honoris causa in psicologia della comunicazione – ognuno prende le parole con il proprio significato, quindi per comunicare veramente a volte non bastano le parole; ci vogliono i gesti, le espressioni.
Ecco la musica è una grande forma di comunicazione. Se poi ci aggiungi le parole puoi arrivare facilmente al cuore. Ma le parole devono essere poche e perfette, oneste e sincere, secondo me le minime indispensabili. E c’è uno sforzo, una ricerca stilistica dietro a tutta questa semplicità. Questa è l’arte della canzone, che per me è una polaroid di emozioni. Toccare il cuore della gente è quello che ho sempre cercato di fare, e quando ci sono riuscito è stata la mia più grande soddisfazione, e ringrazio sempre il cielo e la chitarra”.

Cosa porta 220 mila persone ad affrontare il caldo, la fatica, la calca, le file interminabili? La home di Facebook, a due giorni dal concerto, è una carrellata di frasi, immagini, video. A pubblicarli sono adolescenti, ragazzi tra i venti e i trent’anni, ma anche ultracinquantenni che hanno conosciuto Vasco agli esordi: 3 generazioni ai piedi di un palco a racchiudere anni di storia e di esperienze condivise. Nelle sue canzoni c’è il coraggio del rock anni ’80 a sconvolgere la tradizione italiana del palco dell’ Ariston; c’è la sua “Vita spericolata” e “Siamo solo noi” che colpiscono gli indisciplinati e smuovono i regolari; c’è la trasgressione di “Rewind” a scatenare una cascata di reggiseni in diretta tv; c’è l’urlo che invita a non avere paura, a non cambiare abitudini neanche di fronte all’odio e alla guerra. Sono melodie che mettono in nota ideali, quelle di Vasco: la vita, le donne, la generazione di sbandati, i protagonisti. E anche qui, a chiudere, “Alba chiara”.

Per salutare quel “mondo” dell’ultima strofa che si è stretto sotto un’irripetibile alba, in un altrettanto irripetibile evento che segnerà la storia di tutti i tempi.

di Sara Pileri,

Ufficio stampa

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